di Giulio Pocecco
A Roma, a Palazzo delle Esposizioni, è in corso la mostra “Pixar. 30 anni di animazione” a cura di Elyse Klaidman e Maria Grazia Mattei, che si concluderà il 20 gennaio 2019.
Per quei pochi che vivono su un altro sistema solare, la Pixar ha avuto origine da una divisione della Lucasfilm di George Lucas per poi essere acquistata da Steve Jobs nel 1986 ed assumere il nome, da quel momento, di Pixar Animation Studios. Al tempo la Pixar si occupava di computer grafica, sia per quanto concerne la parte hardware che software, ed il suo prodotto di punta era un programma per la grafica in grado di gestire immagini di grandi dimensioni. Edwin Catmull che, nel 1986, fondò la Pixar insieme a Steve Jobs, è uno dei grandi protagonisti della computer grafica mondiale, fu proprio lui che concepì delle idee innovative come il texture mapping e l’antialising e che progettò il famoso software RenderMan che fu utilizzato per “Toy Story”, primo film della Pixar e primo lungometraggio interamente girato in CGI.
Da quando la Disney acquistò la Pixar nel 2006, Ed Catmull divenne presidente sia di Pixar che di Disney, ma alla fine di quest’anno il padre di tutti i nostri beniamini andrà in pensione lasciando la presidenza della società.
Dopo questa breve introduzione entriamo nel vivo della mostra. L’esposizione di Roma è divisa in tre parti, dedicate ai tre aspetti principali di un lungometraggio a cartoni animati: personaggi, storie e mondi, e presenta più di 400 opere relative a tutti i film realizzati dalla Pixar.
Ogni sezione è dedicata ad alcune opere delle quali possono essere ammirati i bozzetti, le sculture, gli storyboard, disegni a matita e pennarello, dipinti in acrilico oltre a dimostrazioni del processo di rendering relativi ad alcuni aspetti di un film. Tutti step a sé stanti ma uniti da un denominatore comune: il grande lavoro di preparazione e di studio preliminare, oltre alla maniacale ricerca del dettaglio, che fa di un buon prodotto un vero capolavoro.
Nella sezione dedicata al film “Alla ricerca di Nemo” è possibile percepire il grande studio e la lunga preparazione che ha preceduto la vera e propria realizzazione del cartone. Gli addetti ai lavori Pixar, infatti, sono stati due anni a studiare, proprio sulla barriera corallina, il comportamento ed il movimento di diverse specie di pesci oltre alle luci nei diversi ambienti marini; tutto questo per far “immergere” letteralmente lo spettatore nella fantastica realtà del mondo di Nemo, un mondo non realistico ma credibile, dove la verosimiglianza con la realtà permette di creare i giusti presupposti per rendere la storia credibile.
Che dire poi delle realizzazioni tridimensionali in resina uretanica tra le quali quelle del volto di Mr Incredibile con diverse espressioni facciali, esposte nella sezione dedicata a “Gli incredibili: una normale famiglia di supereroi”, piccole “statue” indispensabili per capire la collocazione del personaggio nello spazio.
Tale studio è visibile nella sezione dedicata a “Ribelle-The Brave” e “Cars” attraverso il rendering: in questa sezione è possibile vedere come ogni animale e personaggio venga sviluppato in ogni singola articolazione, dai muscoli di un cavallo alla mascella di un orso che ruggisce. E’ possibile percepire il grande studio che c’è dietro anche ad un piccolissimo movimento che provoca ripercussioni in tutto il corpo: dal movimento degli arti a quello della folta chioma della protagonista, che deve reagire fedelmente ai suoi movimenti. Diverse le difficoltà nel caso di “Cars: motori ruggenti“, dove bisognava riprodurre le diverse superfici dei mezzi meccanici e le relative reazioni alla luce, nella resa delle quali è stato utilizzato il texture mapping.
Questi sono solo alcuni dei retroscena visibili nella mostra che offre molto, molto di più: dagli storyboard di “Toy Story”, alle sculture di “A bug’s life“, dagli studi delle luci parigine in “Ratatouille”, ai bozzetti per il travestimento della piccola Boo in “Monsters & Co” fino alle ambientazioni in “Coco”, penultimo lavoro uscito in ordine cronologico, solo per citarne alcuni.
La proiezione dei primi cortometraggi firmati Pixar dimostra come si sia evoluta la tecnica della computer grafica in questi 30 anni. Il primo cortometraggio “Tin boy”, datato 1988, presenta una grafica molto rigida e sfondi scarni, lontano anni luce dalle ultime produzioni.
Un’altra istallazione creata appositamente per la mostra è l’Artescape, ovvero un’istallazione multimediale ad alta risoluzione dove i bozzetti e disegni per gli storyboard vengono animati per riassumere le storie di tutti i film Pixar in un flusso continuo di immagini, con una simulazione di movimento 3D che permette allo spettatore di proiettarsi all’interno dell’opera.
Una vera chicca per ogni appassionato di animazione è lo Zootropio di Toy Story. Lo zootropio è uno strumento nato nel 1934 da William George Horner che permette all’occhio umano di illudersi di vedere un’immagine in movimento grazie alla rotazione di un cilindro contenente una serie di immagini in successione. Quello proposto nella mostra è la versione 3D dello zootropio: le statuine di molti dei personaggi dell’amatissima saga di Toy Story come Woody, Buzz, Jessie, LGM e soldatini, in pose diverse, sono poste sopra una pedana che ruota al ritmo di un giro al secondo, sotto una luce che lampeggia ad intervalli regolari donando l’illusione del movimento.
A completamento dell’esperienza Pixar, oltre alla mostra, ogni giovedì, vengono proposti alcuni incontri dal titolo “A regola d’arte” per approfondire i diversi aspetti legati al mondo dell’animazione. Lo scorso giovedì è stata la volta del doppiaggio, dalla traduzione al sync, con Massimiliano Manfredi che dal 2014 è il direttore del doppiaggio Pixar oltre ad essere famoso per aver prestato la voce a Flick in “A bug’s life” e a Saetta McQueen in “Cars” e Roberto Morville, ex Creative Director The Walt Disney, che hanno raccontato una serie di gustosi aneddoti.
Insomma, chi scrive questo articolo è appassionato e sopratutto malato fino al midollo di Disney e Pixar perché nato e cresciuto insieme a questi capolavori. Non posso quindi che elogiare questa mostra e caldamente raccomandarla a tutti gli appassionati di disegno, di computer grafica, di musica, recitazione. E’ un appuntamento assolutamente imperdibile, un’occasione per conoscere i segreti dietro ad un lungometraggio Pixar e, proprio per questo, amarli ancora di più. Dietro ad un prodotto di eccellenza tante arti, dal disegno fino alla musica, concorrono per offrire uno spettacolo indimenticabile. Con l’occasione voglio ricordare il grande Randy Newman, compositore di molte indimenticabili colonne sonore Pixar che, con le sue melodie, ha contribuito a rendere le storie narrate semplicemente memorabili.